Grey’s Anatomy 14×18 recensione
La vicenda di Kimmie credo sia tra quelle che più ho preso a cuore in tutta la stagione. Tira fuori il lato più dolce di Karev, tutta la sua vocazione nel fare bene il suo lavoro. Peccato che questa volta sembra che gli sforzi non stiano portando a nulla.
Per fortuna ora le cose con Jo vanno meglio e lei riesce a darle il supporto di cui ha bisogno, nonostante i bizzarri tentativi di distrarlo con l’organizzazione del matrimonio (matrimonio al bar? Davvero?). La dichiarazione della Wilson di voler avere dei figli da lui e di prendere il suo cognome come simbolo d’amore è stata molto commovente, a mio avviso. Si tratta di un vero passo avanti rispetto al suo e loro passato ed io penso davvero che il mondo meriti un baby Karev.
Scopri di più sul mio nuovo romanzo: Se fosse una commedia romantica!Sempre sulla questione figlio, Owen ha capito – dopo tanti insuccessi amorosi – che forse può cercare di ottenere ciò che davvero vuole da solo. E’ sempre stato ovvio che Hunt volesse un figlio più che una moglie e una compagna. La sua priorità è sempre stata questa, anche oltre il funzionamento delle sue relazioni. Lo abbiamo visto sia con Cristina e Amelia. A questo punto, Owen cercherà procedere con l’adozione. Andrà a buon fine? Spero per lui di sì, anche se non era esattamente questo che mi aspettavo per lui. Ma potrebbe essere il suo vero happy ending? Già che sia “happy” mi vengono dei dubbi.
Prima di salutarvi, alcuni appunti:
- L’amore fraterno tra Carina e Andrew mi spezza sempre.
- Non capisco perché continuiamo a tirare in ballo questo povero Matthew bistrattato dalla vita più del necessario.
- Helm che chiede chi è morto perché ormai ha già capito come funziona.
- Meredith. Ti voglio bene, ma non si passa col rosso.
- Meredith. Ti voglio bene, ma sono un paio di puntate che nomini Cristina in continuazione e il mio cuore non regge.
- Meredith. Ti voglio bene, ciao.
Vi saluto con qualche domanda. Siete d’accordo con me nel pensare che nessuno voglia avere a che fare con l’ospedale perché chiunque ci entri non esce vivo o almeno sano, agenti dell’FBI inclusi? E poi, riuscite davvero ad empatizzare con i nuovi interni? Perché io, francamente, non trovo le loro storie inclusive. Fatemi sapere cosa ne pensate!
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